Beirut sotto la protezione delle forze ONU.

Beirut, 40 anni dopo: il ricordo struggente di Sabra e Shatila
Quarant'anni fa, il 28 settembre 1982, i caschi blu dell'ONU, tra cui un contingente italiano, entravano nella capitale libanese, Beirut, per tentare di riportare la pace in una città martoriata dalla guerra civile. Un'operazione complessa e delicata, che Miriam Mafai, nella sua intensa opera giornalistica, ha saputo descrivere con cruda ma commovente precisione. Il suo reportage, ancora oggi di sconvolgente attualità, ripercorre quelle settimane drammatiche, rivelandone il peso emotivo sui soldati italiani e la disperazione della popolazione civile.
"Lo sgomento dei soldati italiani attorno al campo di Sabra e Shatila", scriveva Mafai, dipingendo un quadro agghiacciante delle conseguenze del massacro, una ferita aperta nella memoria collettiva. Immagini indelebili di sofferenza e morte, che hanno segnato profondamente chi ha assistito alla tragedia. Le parole di Mafai non si limitano a descrivere la situazione di guerra, ma approfondiscono l'impatto psicologico sui giovani soldati, costretti ad affrontare la crudele realtà della violenza umana.
La giornalista, con la sua penna lucida e sensibile, ci restituisce la desolazione dei civili, le loro storie, i loro volti segnati dal dolore e dalla paura. Descrive la disperazione di chi ha perso tutto, la difficoltà di ricostruire una vita tra le macerie di una città devastata. La presenza delle forze di pace ONU, seppur significativa, non bastava a lenire le ferite profonde di un popolo lacerato dal conflitto. Il loro compito era arduo, presidiare Beirut in un contesto estremamente complesso e pericoloso, tra le tensioni tra fazioni e il timore di nuovi scontri.
A quarant'anni di distanza, il reportage di Miriam Mafai rimane un documento prezioso, una testimonianza che ci ricorda l'importanza della pace e della comprensione internazionale, e l'impegno continuo necessario per prevenire nuove tragedie umanitarie. Leggere il suo lavoro è un modo per onorare la memoria delle vittime di Sabra e Shatila, e riflettere sulle responsabilità della comunità internazionale di fronte alle crisi umanitarie.
Il ricordo di quel 28 settembre 1982, e del lavoro di Miriam Mafai, deve servire come monito per il futuro, un impegno a costruire un mondo più giusto e più pacifico.
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