Vent'anni senza Wojtyla: Roma e il suo Papa.

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Vent'anni dopo: Wojtyla e il suo "romanesco"

Febbraio 2004: un incontro inaspettato, un momento di genuina condivisione. Papa Giovanni Paolo II, il Pontefice polacco che aveva conquistato il cuore di Roma, rinunciò al discorso preparato per parlare direttamente al clero romano e alla Curia, usando il dialetto romanesco. Un'esplosione di affetto, un legame profondo consolidato negli anni trascorsi nella Capitale, che lo avevano reso a tutti gli effetti un "cittadino onorario" dell'Urbe.

"Damose da fa', volemose bene, semo romani!" Queste le parole, semplici ma cariche di significato, che riecheggiano ancora oggi, a vent'anni dalla sua scomparsa. Un'affermazione che va oltre la semplice conoscenza linguistica, testimonianza di un'integrazione autentica, di una partecipazione attiva alla vita della città e del suo popolo. Non una semplice formalità, ma un'espressione di affetto spontaneo e sincero.

L'episodio, raccontato da molti testimoni presenti all'incontro, dipinge un ritratto di Wojtyla intimo e profondamente umano. Un Papa che, nonostante il peso della sua carica, non esitava a mostrare la sua umanità, la sua capacità di comunicare a un livello profondo, superando le barriere linguistiche e culturali.

La sua eredità: l'immagine di Giovanni Paolo II che si esprime nel dialetto romanesco resta impressa nella memoria collettiva come simbolo della sua vicinanza al popolo romano, della sua capacità di entrare in contatto con le persone in modo semplice e diretto. Un ricordo che trascende il tempo e le differenze, un'eredità di umanità e di affetto che continua a ispirare. Vent'anni dopo, quell'incontro con il clero romano e la Curia rimane un esempio tangibile del profondo legame che univa il Papa polacco alla Città Eterna, un legame che va ben oltre il semplice ruolo istituzionale, ma che si consolida in un’autentica appartenenza.

La sua capacità di comunicare in modo così diretto e spontaneo, utilizzando un linguaggio semplice e accessibile, ha contribuito a renderlo una figura indimenticabile nella storia di Roma. Un'icona di fede, ma anche un esempio di umanità e vicinanza al popolo, capace di superare le barriere linguistiche e culturali attraverso la semplicità e la sincerità del suo messaggio.

Ricordare questo aneddoto oggi significa celebrare non solo la figura di Giovanni Paolo II, ma anche la ricchezza e la varietà del linguaggio, la capacità di comunicare al di là delle parole e delle formalità. Un messaggio di unione, di fratellanza, di amore per Roma, espresso con la semplicità del dialetto romanesco: "Damose da fa', volemose bene, semo romani!"

(01-04-2025 16:28)