Bruno Bettelheim e l'autismo: un ripensamento critico

Bettelheim e l'autismo: un mea culpa a 33 anni di distanza
In occasione della Giornata Mondiale della Consapevolezza dell'Autismo, ripercorriamo un articolo pubblicato da questo giornale il 28 aprile 1990. Un articolo che, a distanza di oltre trent'anni, sento il bisogno di rivedere e correggere. L'articolo in questione trattava del pensiero di Bruno Bettelheim e del suo approccio alla psicologia dell'infanzia, focalizzandosi in particolare sulla sua interpretazione dell'autismo.
All'epoca, la mia critica nei confronti delle teorie di Bettelheim, per quanto motivata dalle conoscenze scientifiche allora disponibili, risulta oggi, alla luce di nuove ricerche e di una maggiore comprensione delle complessità dell'autismo, parziale e persino fuorviante.
La mia analisi del 1990 si basava su una visione semplicistica e riduttiva dell'autismo, una visione che oggi riconosco come errata. Sottovalutai l'importanza del contesto storico in cui Bettelheim operava e il valore, seppur limitato dalle conoscenze dell'epoca, di alcuni suoi spunti. Criticai la sua enfasi sul ruolo della relazione genitore-figlio nella genesi dell'autismo, senza considerare a sufficienza le basi neurobiologiche che oggi sappiamo essere alla base di questa condizione.
Oggi, grazie a decenni di ricerca, comprendiamo che l'autismo è un disturbo dello spettro neurologico, con una base genetica complessa e una notevole eterogeneità nella presentazione clinica. Le teorie di Bettelheim, pur presentando limiti e debolezze concettuali, segnavano una necessaria attenzione alla dimensione relazionale e all'importanza dell'ambiente nella vita del bambino autistico.
La comprensione attuale dell'autismo è ben più sofisticata e multidimensionale, ma ciò non invalida del tutto il contributo di Bettelheim, che ha posto importanti questioni sull'importanza dell'interazione precoce e sulla necessità di un approccio educativo sensibile e attento alle specificità individuali di ogni bambino.
Il mio errore, quindi, non è stato solo quello di criticare Bettelheim, ma di farlo con superficialità, senza cogliere appieno la complessità del problema e la ricchezza, seppur frammentaria, del suo contributo. Questo mea culpa è un invito alla riflessione, non solo per me, ma per tutti coloro che si occupano di autismo: la ricerca scientifica progredisce costantemente, e la nostra comprensione di questa condizione complessa è in continua evoluzione. È importante mantenere un atteggiamento di umiltà intellettuale, rivedendo criticamente le nostre posizioni alla luce delle nuove scoperte e ricordando sempre che al centro di ogni approccio terapeutico ed educativo ci deve essere il benessere del bambino.
Per approfondire la storia delle teorie sull'autismo, si consiglia la lettura di: libri sull'autismo e la sua storia. Ricordando che l'autismo è un continuum di differenze e non una malattia.
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