Bangkok: profughi birmani e la denuncia sul furto degli aiuti umanitari

Chi è scappato dalla giunta militare non può rientrare nel Paese a dare una mano: “Raccogliamo donazioni, è poco ma è ciò che abbiamo”
Bangkok, Thailandia - Tra gli animati banchi del mercato di Bangkok, tra profumi di spezie e il vociare dei venditori, si nasconde una comunità silenziosa e sofferente: quella dei rifugiati birmani, fuggiti dalla giunta militare che nel 2021 ha preso il potere con un colpo di stato. Questi esuli, molti dei quali hanno perso tutto nella loro terra d'origine, ora si trovano a fare i conti con una nuova dura realtà: la disperazione di non poter aiutare le proprie famiglie rimaste in Birmania, e l'impotenza di fronte alle notizie di sofferenze crescenti.
"Non possiamo tornare," racconta una giovane donna, il viso segnato dalla fatica e dalla preoccupazione. "Se torniamo, ci arrestano. Sappiamo che la situazione è terribile, che mancano cibo, medicine, tutto. Ma noi, qui, siamo solo esuli, senza documenti, senza lavoro stabile."
La sua testimonianza è condivisa da molti altri rifugiati incontrati al mercato. La giunta militare, infatti, impedisce il rientro a chiunque sia fuggito dal paese, rendendo impossibile anche la più semplice forma di assistenza alle proprie famiglie. La situazione è ulteriormente aggravata dalla distruzione delle infrastrutture e dalla censura delle informazioni che rende difficile capire l'effettiva portata del disastro umanitario.
Malgrado la difficoltà, la comunità birmana a Bangkok si è organizzata per raccogliere fondi e aiuti umanitari. "Raccogliamo donazioni, anche piccole, è ciò che abbiamo," spiega un uomo, mostrando un barattolo di metallo con poche banconote. "Ogni baht conta, perché sappiamo che gli aiuti internazionali, quando arrivano, spesso non raggiungono chi ne ha veramente bisogno. Il regime ruba gli aiuti, questo è il problema principale."
La corruzione e la spietatezza della giunta militare sono argomenti ricorrenti nelle conversazioni con i rifugiati. La diffidenza verso le organizzazioni internazionali è palpabile, alimentata dalle storie di aiuti dirottati o distribuiti in modo iniquo. La speranza rimane fioca, ma la resilienza di queste persone è ammirevole. La loro lotta per la sopravvivenza e il loro impegno a supportare, da lontano, le proprie famiglie, rappresentano un simbolo di dignità e perseveranza di fronte all'ingiustizia.
"Speriamo in un futuro migliore, in una Birmania libera," conclude la giovane donna, gli occhi pieni di lacrime ma anche di una fiamma di speranza. "Questo è tutto ciò che ci rimane."
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