Il profilo neonazi "Captive Dreamer", seguito da Musk e Vance: "Credo in Hitler"

Il mistero di Captive Dreamer: da bannato da Twitter a idolo neonazista

L'ascesa di Captive Dreamer, account neonazista seguito da personalità di spicco come il vicepresidente degli Stati Uniti Mike Pence e Elon Musk, sta tenendo banco nei media statunitensi. La storia inizia con un ban da Twitter ai tempi di Jack Dorsey, ma si conclude con una sconcertante popolarità tra i gruppi suprematisti. L'enigma principale è l'identità del creatore di questo profilo, che ha dichiarato apertamente: "Io credo in Hitler".

Il caso ha acceso i riflettori su come alcuni account, inizialmente marginalizzati e censurati, riescano a trovare nuovi spazi di diffusione e a raggiungere un pubblico ampio, alimentando narrazioni di odio e disinformazione. L'apparente paradosso di un profilo esplicitamente neonazista seguito da figure politiche di alto livello ha scatenato un acceso dibattito sul ruolo dei social media nella diffusione dell'estremismo e sulla necessità di regolamentazioni più efficaci.

Secondo quanto riportato da diverse testate giornalistiche americane, tra cui il New York Times e il Washington Post, Captive Dreamer è riuscito a eludere i controlli di sicurezza di diverse piattaforme, spostandosi da un social network all'altro dopo i ban. La sua capacità di aggirare i sistemi di moderazione, unita alla sua abilità nel costruire una solida rete di sostenitori all'interno di comunità online di estrema destra, ha permesso al profilo di raggiungere una visibilità inaspettata.

La dichiarazione di fedeltà ad Hitler, così come altri contenuti esplicitamente razzisti e antisemiti pubblicati sul profilo, testimoniano la natura del suo messaggio, mettendo in luce la complessità del fenomeno dell'estremismo online e la sfida che esso rappresenta per le istituzioni e le società democratiche.

Le indagini sono ancora in corso e l'identità di Captive Dreamer rimane un mistero. Le autorità e gli esperti di sicurezza informatica stanno lavorando per identificare l'individuo o il gruppo dietro l'account, nel tentativo di contrastare la diffusione della propaganda neonazista e di limitare il suo impatto sul dibattito pubblico.

L'episodio solleva interrogativi importanti sul funzionamento degli algoritmi dei social media, sulla loro capacità di identificare e rimuovere contenuti dannosi e sulla responsabilità delle piattaforme nel contrastare la diffusione dell'odio online. La vicenda di Captive Dreamer rappresenta un monito: la lotta contro l'estremismo online richiede una risposta coordinata e multiforme, che coinvolga sia le istituzioni che le società civili.

(07-03-2025 09:17)