Pifferi: Alessia assente, aggredita in carcere. La sorella denuncia un "inferno giudiziario"
Caso Pifferi: Rifiutata la richiesta di acquisizione documenti sull'inchiesta bis sulle psicologhe
Un nuovo ostacolo nel processo per la morte della piccola Diana, lasciata morire di stenti dalla madre Alessia Pifferi. Il giudice ha respinto la richiesta dell'avvocato di parte civile di acquisire i documenti relativi all'inchiesta bis che riguarda le psicologhe coinvolte nella vicenda. Una decisione che getta ulteriore ombra su un caso già profondamente drammatico e complesso.
La richiesta dell'avvocato puntava a far luce sul ruolo delle professioniste che avevano avuto contatti con la Pifferi prima della tragedia. Si ipotizza che un’analisi più approfondita dei documenti potesse contribuire a chiarire le responsabilità e le eventuali omissioni che potrebbero aver contribuito alla morte della piccola. Il rifiuto del giudice, però, rappresenta un duro colpo per la parte civile, che si vede privata di un elemento potenzialmente cruciale per ricostruire la vicenda nella sua interezza.
Intanto, emerge un quadro ancora più desolante. Alessia Pifferi, che non era presente in aula, ha subito un'aggressione in carcere, come riportato dalla sorella. "Questo processo è un inferno", ha dichiarato la donna, sottolineando le difficoltà e la sofferenza vissuta dalla famiglia in seguito alla tragedia. La notizia dell'aggressione aggrava ulteriormente un contesto già carico di dolore e tensione.
La decisione del giudice di respingere l'acquisizione dei documenti relativi all'inchiesta bis sulle psicologhe solleva interrogativi sulla possibilità di una ricostruzione completa e imparziale dei fatti. Resta aperto il dubbio se questa scelta possa limitare l'accertamento della verità e delle responsabilità in un caso che ha scosso profondamente l'opinione pubblica. La speranza è che il processo continui a fare chiarezza su tutte le circostanze che hanno portato alla morte della piccola Diana, offrendo alla famiglia almeno la possibilità di una giustizia completa.
Il percorso giudiziario è ancora lungo e tortuoso, e la lotta per la verità continua. La vicenda di Diana, purtroppo, rappresenta un monito sulla necessità di una maggiore attenzione e protezione dei bambini più vulnerabili.
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