Trump: Provocazioni Usa o nuova strategia globale? Xi e Putin interlocutori chiave.
Ue divisa, Washington guarda ad Oriente: la sfida di Biden
Mentre le critiche all'amministrazione Biden piovono copiose da Bruxelles e dalle capitali europee, a Washington si respira un'aria diversa. L'interpretazione della politica estera americana, almeno da alcuni settori dell'establishment, è decisamente più pragmatica e, sorprendentemente, persino stimolante. La narrativa che dipinge gli Stati Uniti come nemici dell'Europa, alimentata da alcuni media e da esponenti politici europei, viene contestata. Si sostiene, infatti, che le "provocazioni" dell'amministrazione Biden, spesso percepite come ostili, siano in realtà uno strumento per ridefinire le priorità e spingere l'Unione Europea ad assumere un ruolo più incisivo sulla scena internazionale.Il punto di vista americano, come espresso da diversi analisti e think tank di Washington, individua in Cina e Russia i veri interlocutori strategici per gli Stati Uniti. La competizione con Xi Jinping e Vladimir Putin, infatti, è considerata prioritaria, superando in importanza le, spesso, complesse relazioni transatlantiche. Questa visione strategica si traduce in una politica estera che, pur mantenendo l'alleanza con l'Europa, non la considera più il fulcro dell'azione diplomatica americana.
Questo cambio di prospettiva ha generato tensioni con l'Unione Europea, in particolare riguardo a questioni come il Inflation Reduction Act, che ha innescato un acceso dibattito sulle sovvenzioni statali e sul rischio di una guerra commerciale tra Stati Uniti e Europa. Inoltre, le divergenze sulle politiche verso la Russia, in particolare sulle forniture di armi all'Ucraina, hanno ulteriormente complicato i rapporti.
La sfida per l'amministrazione Biden, quindi, è quella di gestire il delicato equilibrio tra la necessità di confrontarsi con i rivali geopolitici e il mantenimento di rapporti solidi con i partner europei. L'obiettivo, secondo gli strateghi americani, non è quello di creare una frattura definitiva, ma di stimolare l'Europa a una maggiore autonomia strategica, anche se questo implica un periodo di tensione e di ridefinizione degli equilibri transatlantici. La vera partita, per Washington, si gioca altrove. E la posta in gioco è molto alta.
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