Sarno: "Il calcio mi ha rubato l'infanzia, la Serie A un sogno infranto"

Il prezzo della fama: Vincenzo Sarno, il "figlio di Maradona" che il calcio ha spezzato
Vincenzo Sarno, ricordato come “il figlio di Maradona” per la sua straordinaria somiglianza fisica con il Pibe de Oro, rivela a distanza di anni il peso di una scelta che gli ha segnato la vita. A soli 10 anni, nel 1991, il giovane talento si trasferì al Torino per la cifra, all'epoca considerevole, di 120 milioni di lire. Un'operazione che, anziché aprire le porte al successo, si è trasformata in un incubo duraturo.
“Ero solo, piangevo tutte le notti”, confessa Sarno in un’intervista esclusiva. Lontano dalla famiglia, catapultato nel mondo professionale del calcio a un'età così tenera, il giovane Vincenzo ha dovuto affrontare una realtà ben diversa dalle aspettative. La pressione mediatica, le difficoltà di ambientamento e la mancanza di un supporto adeguato hanno lasciato un segno indelebile sulla sua psiche. “Quella scelta ha condizionato la mia vita e la mia carriera”, afferma con amarezza.
Il paragone costante con Maradona, se da un lato gli ha aperto alcune porte, dall'altro ha rappresentato un fardello pesante da portare. L'ombra del campione argentino si è allungata sulla sua giovane carriera, soffoca le sue performance e impedendo che il suo talento potesse esprimersi liberamente. La promessa di un futuro radioso nel mondo del calcio si è dissolta, lasciando spazio a un profondo senso di delusione.
Oggi, a distanza di anni, Sarno fa un bilancio lucido e amaro: “Il calcio mi ha rubato l’infanzia e negato la serie A”. Un’affermazione che riassume il dramma di un talento sprecato, un'infanzia sacrificata sull'altare di un sogno infranto. La sua storia serve da monito, un promemoria delle potenziali conseguenze di una precocità esasperata e dell'importanza di tutelare i giovani calciatori, evitando di sottoporli a pressioni eccessive e a un ambiente non adeguato alla loro età.
Sarno, oggi uomo maturo, guarda al passato con la consapevolezza di chi ha imparato a convivere con le proprie ferite. La sua testimonianza è un grido di allarme: la necessità di proteggere i ragazzi dal peso eccessivo della fama e garantire loro un percorso di crescita sano e armonico, senza sacrificare l'infanzia sull'altare di un'ambizione spesso effimera.
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