Hakamada: 1,2 milioni di euro dopo decenni nel braccio della morte

Hakamada: 1,2 milioni di euro dopo decenni nel braccio della morte

Giustizia dopo 56 anni: Hakamada, l'ex condannato a morte, riceve 217 milioni di yen

Un risarcimento di 1,2 milioni di euro per quasi mezzo secolo di detenzione ingiusta. Questa la sentenza che ha finalmente concluso la drammatica vicenda di Iwao Hakamada, 89 anni, ex pugile e detenuto per 56 anni, considerato il condannato a morte più longevo al mondo. L'uomo, le cui capacità cognitive sono ora profondamente compromesse, ha visto riconosciuto il suo diritto ad un indennizzo per l'errore giudiziario che lo ha tenuto ingiustamente imprigionato.

La notizia, riportata da diverse testate internazionali, ha suscitato commozione e acceso nuovamente il dibattito sul sistema giudiziario giapponese. Per oltre mezzo secolo, Hakamada è rimasto in carcere, accusato di un quadruplo omicidio commesso nel 1968. Condannato a morte nel 1968, la sua condanna è sempre stata contestata dalla difesa, che ha puntato su forti incongruenze investigative e mancanza di prove schiaccianti.

La battaglia legale per ottenere la sua liberazione è stata lunga e impervia, ma nel 2014 è stato rilasciato in libertà provvisoria a causa delle sue precarie condizioni di salute e del deterioramento delle sue capacità cognitive. La corte d'appello di Shizuoka ha ora riconosciuto la sua innocenza, decretando un risarcimento di 217 milioni di yen, pari a circa 1,2 milioni di euro. Un indennizzo che, seppur significativo, non potrà mai riparare completamente al danno subito da Hakamada e alla sua famiglia, costretta ad assistere per decenni alla sua ingiusta detenzione.

La vicenda di Hakamada rappresenta un caso emblematico di fallimento del sistema giudiziario, sollevando interrogativi cruciali sulla possibilità di errori giudiziari anche in contesti apparentemente rigorosi come quello giapponese. Il riconoscimento di un indennizzo così cospicuo, sebbene tardivo, rappresenta comunque un piccolo passo verso la giustizia per un uomo che ha passato la maggior parte della sua vita dietro le sbarre per un crimine che non ha commesso. La sua storia rimane un monito a tutti coloro che si occupano di giustizia, a prescindere dal paese di appartenenza, sulla necessità di garantire processi equi e di evitare condanne ingiuste che possono rovinare vite per sempre.

Il caso Hakamada non sarà dimenticato, e la sua eco servirà, si spera, a promuovere riforme atte a prevenire futuri errori giudiziari di così grave portata. L'importanza della giustizia e del diritto alla verità sono stati ribaditi, ancora una volta, da questa vicenda che ci ha tenuti con il fiato sospeso per decenni.

(25-03-2025 10:43)