Monfalcone: storia e storie di immigrazione
Monfalcone: Un'ombra di intolleranza sulla città multiculturale
Monfalcone, la "capitale dell'immigrazione" secondo alcuni, sta vivendo un momento di crescente tensione sociale.Nella città friulana, nota per i suoi cantieri navali Fincantieri, un terzo della popolazione è di origine straniera. Questa realtà, che dovrebbe essere un vanto di integrazione e ricchezza culturale, sta invece diventando terreno fertile per narrazioni di divisione e intolleranza alimentate da forze politiche di destra.
Striscioni e volantini con slogan come "No al velo. No al cricket. No alle preghiere" stanno proliferando, creando un clima di ansia e preoccupazione tra gli abitanti. La scelta di questi simboli, apparentemente casuali, indica una strategia precisa: colpire elementi identitari di comunità immigrate, cercando di fomentare la paura e il conflitto. Ma a differenza delle immagini di un'ipotetica "guerra di civiltà", la realtà di Monfalcone racconta una storia diversa.
Il nostro viaggio a Monfalcone ha mostrato una città viva, dinamica, dove la convivenza tra culture diverse è, nella maggior parte dei casi, pacifica e rispettosa. Certo, ci sono sfide da affrontare, difficoltà di integrazione che necessitano di attenzione e risorse. Ma l'immagine di una città in fiamme, dipinta da alcuni, è una grossolana esagerazione.
Abbiamo incontrato persone di diversa origine, che lavorano, vivono e contribuiscono alla vita della comunità. Molti, preoccupati per la crescente retorica d'odio, si interrogano sul futuro e chiedono una risposta chiara e decisa da parte delle istituzioni. È necessario contrastare con forza le manifestazioni di intolleranza, promuovendo il dialogo, la conoscenza reciproca e un'effettiva integrazione sociale. Non si tratta solo di reprimere gli atti di discriminazione, ma di affrontare le cause profonde di questo malessere, creando opportunità di crescita e inclusione per tutti.
La sfida di Monfalcone è quella di trasformare la sua diversità in una risorsa, di costruire un futuro basato sul rispetto e sulla solidarietà, senza cedere alle semplificazioni e alle strumentalizzazioni politiche. La risposta non può essere l'isolamento o la chiusura, ma l'impegno concreto per una società più giusta e inclusiva, dove ogni individuo, indipendentemente dalla sua origine o dalle sue credenze, possa sentirsi parte di una comunità.
È importante ricordare che la vera sfida è quella di costruire ponti, non muri.
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