I cortei di Trump: un'analisi.
Meloni imita Macron: la visita a Trump e la debolezza europea
Giorgia Meloni ha ironicamente rivolto a Emmanuel Macron la stessa domanda che le era stata posta dopo la sua recente visita a Donald Trump: a quale titolo si reca da un presidente che si considera, non a torto, il capo del mondo? La risposta, implicita nella domanda stessa, fotografa una realtà geopolitica complessa: l'Europa, divisa e spesso indecisa, non riesce a costituire un contrappeso efficace alla potenza americana.La visita di Meloni a Mar-a-Lago ha suscitato non poche polemiche, così come quella di Macron. Entrambe le figure, a capo di due importanti nazioni europee, si sono recate negli Stati Uniti per incontrare Trump, un presidente che non fa mistero della sua visione egemonica. Questa scelta, però, solleva interrogativi cruciali sul ruolo dell'Europa sulla scena internazionale. Perché, ci si chiede, si continua a "fare la fila" per ottenere un'udienza da Trump, anziché promuovere una strategia europea più decisa e autonoma?
La risposta, purtroppo, è complessa e multisfaccettata. Da un lato, la forza economica e militare degli Stati Uniti rimane innegabile, rendendo l'alleanza con Washington un elemento strategico per molti Paesi europei. Dall'altro, le divisioni interne all'Unione Europea indeboliscono la sua posizione sul palcoscenico globale, rendendo difficile la formulazione di una politica estera unitaria e incisiva.
La domanda retorica di Meloni a Macron, quindi, non è solo una provocazione politica, ma un'amara constatazione di una realtà difficile da ignorare: l'Europa, per affermare il suo ruolo di potenza globale, necessita di maggiore unità e coesione. La continua processione di leader europei alla Casa Bianca, o a Mar-a-Lago, sottolinea, involontariamente, la necessità di un profondo cambiamento nell'approccio geopolitico del Vecchio Continente. Finché l'Europa non troverà la forza e la volontà di parlare con una sola voce, la visita di leader come Meloni e Macron da Trump continuerà ad essere percepita come una dimostrazione di debolezza, piuttosto che di strategia.
La situazione richiede un'analisi attenta e approfondita, superando le logiche di parte e le retoriche semplicistiche. L'Europa ha bisogno di riflettere sul proprio ruolo nel mondo e di trovare il modo di affermarlo con forza, senza dover continuamente “chiedere il permesso” a Washington. Solo così si potrà evitare che le visite a Trump, e a futuri presidenti americani, rimangano l'emblema di una sottomissione più che di una partnership strategica.
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