L'azienda Chiaromonte, produttrice del vino preferito da Trump, chiede: "Presidente, perché i dazi? Siamo insostituibili!"

Il Primitivo di Chiaromonte che conquistò la Casa Bianca: un brindisi in dialetto per Trump?
Un imprenditore pugliese, cuore e anima della sua terra, si ritrova al centro di un curioso aneddoto politico-enologico. Si tratta di Chiaromonte, produttore del Primitivo che, a quanto pare, ha allietato le cene alla Casa Bianca durante il primo mandato di Donald Trump. 720 casse di vino pregiato, un vero e proprio omaggio all'Italia e alla sua tradizione vinicola, arrivate direttamente sulle tavole presidenziali.
L'imprenditore, intervistato in esclusiva, ha espresso un misto di orgoglio e amarezza. L'orgoglio per aver visto il suo prodotto apprezzato ad altissimi livelli, un riconoscimento alla qualità del Primitivo pugliese e al duro lavoro profuso nella sua produzione. Ma anche amarezza, perché questo successo si è scontrato con le politiche protezionistiche adottate dall'amministrazione Trump, con l'introduzione di dazi che hanno penalizzato le esportazioni italiane.
“Se lo incontrassi, glielo direi in dialetto: non si cancella così la passione degli Usa per i nostri prodotti di qualità”, afferma l'imprenditore, evidenziando la contraddizione tra l'apprezzamento personale del vino e le misure economiche che ne ostacolavano la commercializzazione. Un contrasto che evidenzia la complessità dei rapporti commerciali internazionali, dove la politica può interferire anche con i gusti più raffinati.
La sua frase, “Presidente, perché i dazi? Non potete sostituirci”, riassume la preoccupazione di un intero settore produttivo italiano. Non si tratta solo di un singolo imprenditore, ma di una filiera produttiva che rischia di subire danni economici significativi a causa di scelte politiche che, paradossalmente, ignorano l'apprezzamento diretto dei prodotti italiani da parte dei consumatori americani.
La storia del Primitivo di Chiaromonte alla Casa Bianca rappresenta un piccolo caso emblematico delle dinamiche complesse tra economia e politica internazionale. Un aneddoto che lascia spazio a riflessioni sul futuro dei rapporti commerciali tra Italia e Stati Uniti, e sulla necessità di trovare un equilibrio tra protezionismo e libero scambio.
Un brindisi, dunque, con un sapore agrodolce: l'orgoglio di un successo raggiunto e l'amarezza per le barriere commerciali che ne limitano la continuità.
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