L'Uomo Qualunque di Paolo Villaggio: un grido d'aiuto.

Paolo Villaggio: a 50 anni da Fantozzi, un ricordo struggente
Cinquant'anni. Mezzo secolo è passato dalla prima volta che il ragionier Ugo Fantozzi, con la sua goffa tragicommedia esistenziale, ha conquistato gli schermi italiani. In occasione di questo importante anniversario, riproponiamo un'intervista inedita a Paolo Villaggio, realizzata il 31 marzo 2017 sul set di un documentario dedicato alla sua straordinaria carriera. Un'intervista struggente, pubblicata poco prima della sua scomparsa, avvenuta il 3 luglio dello stesso anno.
"Non abbandonatemi," sussurrava Villaggio in quel colloquio, con la voce roca ma ancora carica di quella stessa ironia amara che ha reso indimenticabile il suo personaggio più famoso. L'intervista non era solo un ricordo del successo di Fantozzi, ma un'intima confessione, una riflessione profonda sull'uomo dietro la maschera del perdente per eccellenza. Un'anima complessa, molto più vicina al mondo kafkiano dei suoi romanzi che alla disastrosa quotidianità del suo personaggio cinematografico.
Villaggio parlava della genesi del personaggio, del suo rapporto con il pubblico, delle critiche ricevute e della satira sociale che si celava dietro le gag più esilaranti. Ricordava con malinconia la nascita di Fantozzi, il successo inaspettato, il legame speciale che si era creato con un pubblico che riconosceva in lui la propria frustrazione, la propria impotenza di fronte alla burocrazia, alla società, alla vita stessa.
Ma l'intervista andava ben oltre la semplice analisi del fenomeno Fantozzi. Era un'immersione nell'animo di un artista inquieto, sensibile, un uomo che aveva saputo trasformare la propria profonda insoddisfazione in un'arte capace di divertire e, allo stesso tempo, di far riflettere. Villaggio non si nascondeva dietro una facciata di successo: parlava delle sue paure, delle sue fragilità, della sua solitudine. "Sono stanco," confessava, "ma non voglio che il mio lavoro venga dimenticato".
A distanza di anni, rileggere queste parole assume un significato ancora più potente, un ultimo, silenzioso grido rivolto a noi spettatori, un monito a non dimenticare l'eredità artistica e umana di un gigante del cinema e della letteratura italiana. Un'eredità che continua a vivere attraverso le risate e la malinconia di un ragionier Fantozzi, ma soprattutto attraverso la complessità e la profondità dell'animo di Paolo Villaggio.
In occasione del cinquantenario di Fantozzi, vi invitiamo a riscoprire la magia del suo cinema e a ricordare l'uomo, un uomo che, nonostante la sua fama di "perdente", ha lasciato un'impronta indelebile nel panorama culturale italiano. Qui potete trovare maggiori informazioni sul film.
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