Martina Acazi contro l'uso del cognome del marito: "No alla disparità di trattamento"

Dal 2020 la battaglia per cambiare la legge del '67: "Lo faccio per tutte le donne"
Martina Acazi, regista e attivista, è impegnata da anni in una battaglia legale contro lo Stato italiano per modificare una norma del 1967 che regola i nominativi negli elenchi elettorali.La legge, datata 1967, prevede l'inserimento del cognome del marito accanto a quello della moglie negli elenchi elettorali. Una disposizione che Acazi considera anacronistica e discriminatoria, simbolo di una visione patriarcale superata. “Questa battaglia non è solo per me, ma per tutte le donne”, dichiara la regista, spiegando le motivazioni della sua lunga lotta legale iniziata nel 2020.
“Trovo inaccettabile che nel 2024, a distanza di decenni dall'approvazione di leggi a tutela dell'uguaglianza di genere, una norma così retrograda continui a essere in vigore”, afferma con determinazione Acazi. “Il cognome del marito vicino al mio, sull'elenco elettorale, rappresenta un residuo di una cultura che relega la donna a un ruolo subordinato all'uomo”.
La regista ha sottolineato come questa disposizione, per quanto possa sembrare di piccola entità, rafforzi un'immagine stereotipata della donna, dipendente e legata alla figura maschile. “È una questione di principio, di dignità e di rispetto”, precisa. “Si tratta di riconoscere alle donne la stessa identità e lo stesso valore giuridico che spetta agli uomini, anche in un contesto così apparentemente marginale come quello degli elenchi elettorali.”
Il percorso legale intrapreso da Acazi è lungo e complesso, ma la sua determinazione rimane immutata. La sua battaglia ha attirato l'attenzione di numerosi movimenti femministi e associazioni per i diritti delle donne, che hanno espresso solidarietà e appoggio alla sua causa, sottolineando l'importanza di una riforma che ponga fine a questa discriminazione di genere.
La vicenda di Martina Acazi ci ricorda l'importanza della lotta per l'uguaglianza e il lungo cammino ancora da compiere per raggiungere una piena parità di diritti tra uomini e donne in ogni aspetto della vita pubblica e privata.
Il caso è sotto osservazione da parte di diversi esperti di diritto costituzionale, che attendono con interesse l'esito del giudizio. La sentenza potrebbe costituire un precedente importante per future azioni legali analoghe e contribuire a una maggiore consapevolezza sulla necessità di aggiornare le normative che, seppur antiche, continuano a perpetuare disuguaglianze di genere. Questa è la speranza di Martina Acazi e di tutte le donne che lottano per un futuro più equo e giusto.
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