Presunzione di buona fede per i politici: una sola eccezione.

Presunzione di buona fede per i politici: l'emendamento Montaruli-Sbardella fa discutere
Un nuovo emendamento, presentato alla Camera dai deputati Augusta Montaruli e Luca Sbardella, sta generando un acceso dibattito. La proposta mira a rafforzare lo "scudo" già presente nella normativa sulla responsabilità degli atti di competenza degli uffici politici, introducendo una presunzione di buona fede.
In sostanza, l'emendamento stabilisce che gli atti compiuti dai politici si presumono eseguiti in buona fede, salvo prova contraria. Questa formulazione, secondo i proponenti, è fondamentale per tutelare i rappresentanti eletti da eventuali azioni legali spesso motivate da ragioni strumentali e per evitare un clima di eccessiva e paralizzante prudenza nell'esercizio delle loro funzioni.
Ma l'eccezione, come spesso accade in questi casi, fa tutta la differenza. L'emendamento non garantisce una totale immunità. La presunzione di buona fede infatti viene meno qualora vengano dimostrate condotte dolosamente illecite o gravemente negligenti. L'onere della prova, in questo caso, sposterebbe sulle spalle di chi accusa il politico di aver agito in malafede, richiedendo dimostrazioni concrete e circostanziate delle sue affermazioni.
La norma, se approvata, potrebbe avere un impatto significativo sul funzionamento della macchina politica. Alcuni osservatori temono che possa favorire comportamenti poco trasparenti e difficilmente sanzionabili. Altri, invece, la ritengono necessaria per evitare una eccessiva e ingiustificata esposizione al rischio di cause legali da parte dei rappresentanti eletti, spesso bersaglio di attacchi strumentali.
Il dibattito è aperto, e le opinioni sono fortemente contrastanti. Da una parte, si difende il diritto alla difesa dei politici da accuse ingiustificate, dall'altra si sottolinea il rischio di un'eccessiva protezione che potrebbe favorire l'impunità. L'iter parlamentare dell'emendamento sarà sicuramente oggetto di attenta osservazione da parte dell'opinione pubblica e dei media. La discussione si concentrerà, inevitabilmente, sulla definizione di "condotta dolosamente illecita o gravemente negligente", e sul peso della prova a carico di chi intende contestare la buona fede dell'azione politica. La chiarezza e la precisione nella definizione di questi parametri saranno cruciali per la riuscita e la legittimità della norma.
La vicenda, in ogni caso, evidenzia la complessità del rapporto tra responsabilità politica e tutela giudiziaria, un tema destinato a rimanere al centro del dibattito pubblico nel prossimo futuro.
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